[Solira] Liberta` del software (era Linux su iPhone... e in dual boot)

f.occhipinti a gmail.com f.occhipinti a gmail.com
Gio 4 Dic 2008 06:57:18 CET


Scusate i caratteri corrotti...

>On Mon, Dec 01, 2008 at 05:36:53PM +0100, Emilio Pavia wrote:
>> Il giorno 01/dic/08, alle ore 16:59, KatolaZ ha scritto:
>> =
>
>> > Ma guarda che il 95% della "ricerca" di cui parli tu, in merito a
>> > soluzioni ottimali a problemi sempre nuovi, viene fatta, almeno in
>> > Italia, dalle universita' le quali, guardacaso, sono sostenute con
>> > denaro pubblico.
>> =
>> Questo 95% =E8 supportato da qualche dato effettivo o te lo stai  =
>> sparando adesso? Hai idea di quante pubblicazioni scientifiche vengono  =
>> fatte da dipendenti di societ=E0 private? E quante ricerche fatte nelle  =
>> universit=E0 (almeno in quelle straniere) vengono finanziate da aziende  =
>> private?
>
>Si', lo so perfettamente. E quel 95% di cui ho parlato viene da
>statistiche fatte da altri, non da dati che sparo io a muzzo :-) Che
>tu ci creda o no, standard importanti come JPEG, MPEG4, SIP, XMPP,
>giusto per citarne alcuni, sono stati sviluppati piu' che per il 95%
>grazie a ricerca pubblica, fatta nelle universita'. =
>E le grandi innovazioni in campo tecnologico degli ultimi 30 anni =
>vengono tutte da ricerche di altissimo livello, matematico, fisico, =
>ingegneristico, che sono portate avanti per lo piu' (spesso per piu' =
>del 95%) da enti di ricerca pubblici, finanziati con soldi pubblici. =
>
>Che poi dei privati decidano, dieci anni dopo, di prendere i risultati
>di quelle ricerche e farne prodotti e' un'altra storia. Ma non venite
>a parlarmi della necessita' della tutela delle proprieta'
>intellettuali per finanziare la ricerca industriale: una ricerca
>svolta a livello industriale porta ad un prodotto i cui profitti
>superano, in media, di diversi ordini di grandezza il costo della
>ricerca stessa. Il resto sono favole inventate dalle major di tutti
>gli ambiti, dal software alle case farmaceutiche.
In un momento di crisi della solidarieta` e dei servizi pubblici, voglio
ricordare che alcuni protocolli e standard liberi vengono finanziati
anche da consorzi di privati. Certo sono processi difficili, ma anche
quella e` una possibilita`.

>> Il "custom" oggi =E8 troppo antieconomico. Se io dovessi fare un  =
>> software "custom" dovrei farmi pagare troppo da un'azienda che  =
>> troverebbe sicuramente un'alternativa pi=F9 economica gi=E0 presente sul  =
>> mercato. Le economie di scala sono fondamentali al giorno d'oggi.
E` vero il custom e` antieconomico e le economie di scala sono
importanti (da sempre, credo). Teniamo anche bene a mente che
l'informatica funziona bene quando ci sono buone economie di scala,
altrimenti si fa prima con mezzi piu` semplici.
Detto questo, il custom e` _necessario_, infatti ci sono un sacco di
azienducole, che non sono famose come Microsoft e Sun ma lavorano; poi ci
sono le reti di assistenza che seguono il cliente, anche nelle grosse
aziende. Quindi il custom serve; e le economie di scala? Sono alla base
del prodotto da customizzare, ma credo che questo prodotto, la base da
cui partire per le customizzazioni, possa` essere proprietario come puo`
anche essere libero, e a me piacerebbe che fosse libero.
In fin dei conti, se ci pensate, e` meglio customizzare un prodotto
libero no? E` piu` facile realizzare quello che si vuole, anche se si
hanno responsabilita` maggiori, perche` il risultato non dipende da
'quello che la casa madre mi permette di fare' ma solo dalle mie
capacita` di individuare la tecnologia giusta, e risolvere i problemi.
Pero` e` anche un modo con cui chi fa la customizzazione sviluppa delle
competenze a tutto campo, e la sua professionalita` non e` vincolata
dalla gerarchia di comando della grande azienda.

>> E chi stabilisce cosa =E8 "equo"? Per una azienda gestire n- =
>> customizzazioni =E8 una follia dal punto di vista organizzativo e di  =
>> gestione del codice.
>
>No, secondo me e' soltanto piu' semplice lucrare 100 su un costo di 1
>che guadagnare sul lavoro effettivamente svolto. Io penso
>semplicemente che questo modello non funzioni, e che non sia equo per
>chi sviluppa il codice, perche' gli unici ad usufruirne veramente sono
>i proprietari delle software house, che spesso non hanno manco idea di
>cosa sia "il codice", e di quanta fatica costi svilupparlo.
Neanche a me piacciono gli attacchi agli imprenditori senza motivo, ma
devo dire che in effetti, anche se puo` essere difficile, gestire n
customizzazioni e` in fondo il lavoro normale di una software house. Io
ho lavorato in una web agency, ogni cliente, anche grosso, aveva il suo
sito diverso dagli altri e voleva assistenza per quello.
E` normale; magari non e` facile, ma a questo serviamo come informatici
no? Perche` e` anche una questione architetturale; un prodotto va
organizzato in modo da poter essere personalizzato senza che l'utente o
lo sviluppatore debbano impazzire o perderci i giorni; quando non si
riesce... si lavora per riuscirci.
Puo` costare economicamente caro, certo, ma e` lo stesso principio del
cibo adulterato: chi lo produce potrebbe dirti: "il cibo salutare costa
troppo!". Allora paghiamo di piu`, ma paghiamo chi lavora.

>> > Ma anche qui si tratta di opinioni personali, diverse e comunque
>> > rispettabili :-)
>> Purtroppo il software libero non =E8 riuscito a proporre un modello di  =
>> business convincente alternativo a quello del software proprietario e  =
>> a parte qualche eccezione (vedi RedHat o Sun che comunque non fa della  =
>> vendita del software il proprio core business) non ci sono esempi  =
>> significativi.
>
>Il software libero ha gia' proposto un modello di business
>alternativo, etico, che promuove lo sviluppo e la libera circolazione
>di sapere e di informazione. E questo modello non permette la
>creazione di valore aggiunto fittizio (il famoso leverage enorme sui
>costi di produzione), cosa che piace tanto agli imprenditori
>innamorati del sistema capitalistico.
>
>Un modello alternativo esiste gia', e viene utilizzato da molte
>aziende e non solo da RH e da Sun: solo che ci si deve mettere in
>testa che questo modello non garantisce dividendi "gratis", ma
>richiede lavoro *vero*, ricompensato equamente, e permette allo stesso
>tempo di semplificare questo lavoro grazie alla possibilita' di
>sfruttare liberamente il lavoro fatto da altri, in un circolo
>virtuoso.
>
>Il modello c'e', e sta gia' funzionando. Forse non diventera' il =
>
>modello dominante (e' troppo bello fare soldi con poca fatica, devo
>ammetterlo), ma c'e'. =

Forse il modello del software libero c'e` ma non si concretizza in
grandi aziende, per questo e` meno visibile, pero` magari molti usano il
software libero in piccole aziende in giro per il mondo e non e` facile
quantificarli.
Immaginate che 5 piccole aziende nella provincia di Ragusa facciano un
consorzio per lo sviluppo di un prodotto libero, comune, che poi
ciascuna delle 5 aziende distribuisce e customizza indipendentemente,
mentre lo sviluppo viene fatto in comune; penso che ci sarebbero spesso
questioni e problemi su come sviluppare il codice in comune: chi la
vuole cotta e chi la vuole cruda.
Questo e` tipico dei movimenti democratici, l'ho visto anche nelle
assemblee qui a Pisa per le proteste contro la riforma. Sei in
un'assemblea, tante persone partecipano ed hanno idee in comune, ma
hanno anche molte differenze fra di loro; ed allora? Non si fa nulla?
No, si discute.
Discussione: un oratore dice una cosa con cui sei daccordo, poi un altro
dice una cosa che reputi una emerita cazzata, e poi si va avanti cosi`,
passano 7, 10 relatori, e sono pochissimi rispetto alle migliaia di
persone che partecipano e che magari hanno una opinione diversa.

Capite quanto e` difficile un processo democratico? La gente facilmente
si arrende; anche nelle riunioni o nelle assemblee piu` stupide anche
quelle di condominio, spesso la cosa piu` facile e` considerare che
gli altri sono degli idioti e che comunque si fara` di testa propria. Se
il software si sviluppasse secondo un processo condiviso, credo che i
problemi che emergerebbero sarebbero problemi analoghi, e sono problemi
grossi.
Ma risolvere questi problemi, oltre che produrre del buon software,
migliora i rapporti fra le persone che lo hanno prodotto. Fra l'altro la
nostra societa` dovrebbe essere basata sulla capacita` di discutere e
collaborare per un bene comune.

On Mon, Dec 01, 2008 at 09:08:52PM +0100, KatolaZ wrote:
> On Mon, Dec 01, 2008 at 08:37:53PM +0100, Emilio Pavia wrote:
> 
> > 
> > Premesso che voto Rifondazione, questi discorsi mi fanno salire il 
> 
> E che c'entra il fatto che voti rifondazione ? :-)
C'entra visto che alla fine dell'email dici che e` un problema
tipicamente politico

> > Adesso rispondi a questa domanda: come fai a dire quanto vale veramente 
> > un software? Supponiamo che tu realizzi un software che vuoi vendere, 
> > come fai a dargli una valutazione?
> 
> Dipende. Solitamente realizzo software custom, come la stragrande maggioranza
> delle piccole imprese di software italiane, e quindi la valutazione 
> tiene in conto diversi aspetti:
> 
> - il tempo necessario a sviluppare il software (e non in una funzione lineare: 
>   a volte vale molto di piu' un software sviluppato nella meta' del tempo, 
>   se espressamente richiesto dal committente)
> - il tempo necessario a mantenere il software, ad aggiornarlo e a debuggarlo
> - eventuali skill particolari richieste nello sviluppo e/o nella 
>   realizzazione del software
> - il reale impatto innovativo che il software apporta...
> 
> ...e tanti altri fattori assolutamente contingenti. 
> 
> > 
> > Evidentemente non ti sei mai trovato a dover portare avanti 
> > parallelamente lo sviluppo di 10 versioni dello stesso software, 
> > altrimenti ti renderesti conto che è fanta-informatica.
> 
> Si', mi ci sono trovato, non con 10 ma con 7/8 versioni. E so che e' 
> complicato. E' molto piu' semplice vendere una sola versione, lo so 
> benissimo.
Mi sembra di capire che tu lavori secondo il modello di sviluppo che
proponi... Ammiro questo modo di fare informatica, spero di riuscirci
anche io.

> > Non vedo tutti questi programmatori, oppressi dall'imprenditore di 
> > turno, che strappano le catene della schiavitù e si mettono a lavorare 
> > in proprio secondo questo modello di business. Eppure loro dovrebbero 
> > essere i primi a sentire questa esigenza.
> > 
> 
> Forse no, perche' alla fine un programmatore guadagnerebbe quasi la
> stessa cifra al mese. Solo che dovrebbe lavorare moto piu' sodo, ma
> potrebbe allo stesso tempo utilizzare molti degli strumenti che gli
> mette a disposizione la comunita', e contribuire a sua volta allo
> sviluppo di questi ultimi.
> 
> Guarda che so benissimo che si tratta di un modello che puo' non
> piacere, ma credo che quelli ai quali piace meno, questo modello,
> siano proprio quelli che sostengono di dover pagare fior di quattrini
> per la ricerca e lo sviluppo del software :-) Insomma, si tratta
> come sempre di un problema *politico* :-)
Non capisco. Che significa "quelli ai quali piace meno sono quelli che
sostengono di dover pagare?" vuoi dire che questo modello e` osteggiato
da chi fa soldi imbrogliando la gente (cioe` sostenendo che con quei
soldi ci paga la ricerca)?
Beh guarda io certo sono ignorante, nel senso che non ho girato molte
aziende; pero` non posso dare per scontato che queste ragioni del
modello di software chiuso siano delle prese in giro, non lo posso dire;
magari esistono dei casi in cui effettivamente si fa molta ricerca, e
costa. Penso sia piu` costruttivo pensare in termini positivi, non
partiamo dal presupposto che chi la pensa diversamente da noi sia un
imbroglione, perche` potrebbe non essere vero e potremmo passare dalla
parte del torto.

> 
> HND
> 
> KatolaZ

Saluti gente! Questa discussione e` impegnativa!


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